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Diritto all'oblio, diritto di cronaca e risarcimento del danno: che cosa dice la Cassazione

cyber security data data protection Mar 15, 2023

La persistenza di una notizia non aggiornata su un sito web può costituire fronte di responsabilità risarcitoria?

La vicenda in esame riguarda un uomo, imputato in un procedimento penale, per il quale è stata poi pronunciata una sentenza di assoluzione ex art. 530 cpp “per non aver commesso il fatto”.

L'uomo era stato protagonista di un articolo comparso su una testata giornalistica di un importante gruppo editoriale che aveva riportato il suo coinvolgimento nel processo senza però poi aggiungere l'epilogo dell'assoluzione.

Scontento per l'esposizione della sua persona sulla stampa, anche locale e per un lunghissimo lasso di tempo, l'uomo ha lamentato una lesione del proprio onore e della reputazione, chiedendo all'editore il risarcimento dei danni subiti. 

 Indice:

  1. Il caso
  2. Le indicazioni della Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza 6116/2023
  3. I diritti dell'interessato e il bilanciamento di interessi.
  4. Conclusioni

1.  Il caso.

L'uomo si era rivolto al Tribunale, proponendo un ricorso d'urgenza contro l'editore per ottenere la cancellazione di un articolo pubblicato (nel 2003!) dal sito web del quotidiano, avente ad oggetto proprio il procedimento penale avviato nei suoi confronti.

Accanto alla richiesta di cancellazione dell'articolo il ricorrente aveva domandato, in subordine, la sua rettifica mediante l'integrazione con la notizia della successiva assoluzione per non aver commesso il fatto e il risarcimento del danno per essere stato esposto, per lungo tempo, sul sito web del giornale.

Il Tribunale aveva però dichiarato il non luogo a provvedere sull'istanza cautelare in considerazione del fatto che l'articolo era stato nel frattempo rimosso dall'archivio web del giornale, con la conseguenza che era cessata la materia del contendere con riferimento alla richiesta di cancellazione o aggiornamento dei dati pubblicati ondine.

Ha poi rigettato le domande di risarcimento del danno sia in relazione alla prospettata diffamazione a mezzo stampa sia per la prolungata permanenza della notizia sul sito web.

L'uomo non si è perso d'animo e ha impugnato il provvedimento del Tribunale ma la Corte di Appello ha nuovamente rigettato il gravame proposto, affermando che non potessero considerarsi integrati gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa, in quanto l'articolo rispettava, all'epoca della pubblicazione, i requisiti della verità della notizia, della continenza e dell'interesse pubblico alla conoscenza dei fatti.

La Corte ha aggiunto inoltre che il Tribunale aveva correttamente dichiarato la cessazione della materia del contendere relativa all'aggiornamento della notizia, in quanto, a seguito della richiesta del ricorrente, la testata giornalistica si era attivata, sia pure a distanza di molto tempo, sia sul fronte dell'eliminazione dell'articolo, sia sul fronte dell'aggiornamento delle notizie con la pubblicazione di un ulteriore articolo avente ad oggetto, questa volta, la sentenza assolutoria.

Di conseguenza ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno.

Il protagonista di questa vicenda, di nuovo, non si è arreso e ha proposto ricorso per Cassazione affermando  la responsabilità del giornale per non aver pubblicato immediatamente e senza ingiustificato ritardo le sentenze di assoluzione e per non aver cancellato a distanza di anni (si parla addirittura di un intero decennio!) la notizia dal proprio sito web, se non dopo l'inizio della causa che era stata preceduta da plurime diffide.

Per anni l'editore non ha aggiornato la notizia con il provvedimento di assoluzione e questo – ha lamentato il ricorrente –  ha avuto ripercussioni sulla propria reputazione.

Dopo questo lungo lasso di tempo, secondo l'uomo, anche l'interesse pubblico alla notizia sarebbe venuto meno e dunque, avrebbe dovuto godere di quel diritto sovrano di ciascuno, specie di un indagato/imputato, all'oblio dalle notizie negative.

Con queste argomentazioni ha convinto la Corte di Cassazione che ha accolto, sia pure in parte, il ricorso.

2. Le indicazioni della Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza 6116/2023

La pretesa risarcitoria dell'uomo, basata sulla permanenza nel sito web della testata giornalistica di una notizia vera, ma obsoleta e non aggiornata, secondo la Suprema Corte, è fondata.

In particolare è configurabile una lesione della reputazione e della pretesa risarcitoria ad essa connessa, di conseguenza il giornale deve rispondere per la permanenza della notizia relativa al procedimento penale che, seppure di per sé non diffamatoria (in quanto costituente, all'epoca della pubblicazione, legittimo esercizio del diritto di cronaca), non era stata aggiornata con la notizia della successiva assoluzione ed era quindi obiettivamente idonea ad incidere in modo negativo sulla reputazione dell'uomo.

La corte ha poi ricostruito le fonti normative applicabili al caso: in particolare il ricorso risulta fondato sulla base degli artt. 7 dell'ormai abrogato D. Lgs. n. 196/2003 (il “vecchio Codice della Privacy) e 17 Regolamento UE n. 679/2016 e sulla scia di precedenti pronunce di legittimità in materia di diritto all'oblio: Cassazione n. 5525/2012 e Cassazione n. 13161/2016.

La prima decisione afferma il diritto dell'interessato a chiedere e a ottenere un aggiornamento dei dati che lo riguardano e anche la cancellazione di notizie dai siti internet; la seconda riconosce la configurabilità del diritto al risarcimento del danno, previa verifica della prova del pregiudizio, con una motivazione che tiene conto sia dell'esaurimento dell'interesse pubblico a mantenere la notizia sia della mancata adesione del titolare del sito alla diffida dell'interessato, alla rimozione della pubblicazione.

Dal un lato, considerato che sarebbe un onere gravoso e pressoché impossibile da rispettare, è vero che – dice la Corte – non si possa affermare in capo alle testate giornalistiche titolari dei siti web, un obbligo generalizzato di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo e sia decaduto l'interesse pubblico a quell'informazione.

Ma dall'altro si deve riconoscere alla persona interessata dalla pubblicazione di un articolo che reputi pregiudizievole nei suoi confronti, il diritto di tutelare il proprio onore e la propria reputazione e di richiedere l'aggiornamento dello stesso con le novità più recenti o la rimozione della notizia dal sito web.

Una volta che l'interessato abbia formulato questa richiesta, l'omissione o il rifiuto ingiustificato di aggiornamento o rimozione del contenuto risulta idoneo a integrare una condotta illecita tale da giustificare il risarcimento del danno prodottosi a partire dalla richiesta di aggiornamento/rimozione (danno che ovviamente va allegato e provato).

3. Il diritto dell'interessato e il bilanciamento di interessi.

In questo modo, si realizza, secondo la Cassazione quel ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi fra interessato ed editore.

L'interessato ha infatti diritto a che l’informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalità, non eccedenza, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale.

Pertanto gli deve essere attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, oltre che di opporsi al trattamento degli stessi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione.

L'interessato, in sostanza, deve avere la possibilità di compartecipare nell'utilizzazione dei propri dati personali in quanto “ha diritto di ottenerne” (si esprimeva in tal senso l'art. 7 del Codice Privacy) l'aggiornamento, la rettificazione, l'integrazione o la cancellazione.

In questo senso si esprime anche l'art. 17 Regolamento UE 679/2016 sul diritto all'oblio che fa riferimento al diritto dell'interessato a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati che lo riguardano, a cui si collega lo speculare obbligo del titolare di provvedervi “senza ingiustificato ritardo”.

Quindi «la persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale – pubblicata nell'esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornata con i dati relativi all'esito di tale procedimento – non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria; tuttavia, il soggetto cui la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l'aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l'ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta (fermo l'onere di allegazione e prova del pregiudizio da parte dell'interessato).»

4. Conclusioni

Con questa sentenza, la Suprema Corte stabilisce i criteri secondo i quali gestire le richieste di risarcimento del danno reputazionale, nel caso in cui, a seguito di una richiesta dell'interessato, il titolare del trattamento ometta la rimozione/rettifica di una notizia non aggiornata presente su un giornale online.

Fondamentale, quindi sarà l'iniziativa dell'interessato dalla quale dipenderà il dovere del titolare del trattamento di attivarsi per il corretto esercizio dei diritti dell'interessato e dunque per la cancellazione/modifica/aggiornamento dei dati.

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